Sinossi
Plauto compose l’ Aulularia, o Commedia della pentola, nel suo ultimo e ancora fecondo decennio di attività, fra il 195 eil 184 a. C.
Forse l’opera gli fu ispirata da un progetto di Menandro. Al di là di questi motivi d’interesse specialistico, si tratta, in ogni caso, di un’opera più che rappresentativa dell’arte di Plauto, vi si trovano infatti tutti gli espedienti abituali del suo autore: la beffa, l’equivoco, la sorpresa, l’insulto, l’invettiva, e la frenesia dei ritmi e dei suoni. La commedia sta poi con grande rilievo nella più ampia storia del teatro per l’indicazione, se non la creazione definitiva e vivida, di una figura comica fortunatissima che ha animato le molte commedie che percorrono la drammaturgia o anche semplicemente la fantasia letteraria successiva. Fra esse almeno un capolavoro in assoluto: l’Avare di Molière, laddove non si voglia arrivare a citare addirittura la figura, ormai imprescindibile per il nostro immaginario, di Paperon de’ Paperoni della Disney.
Si tratta dell’elementare vicenda di un vecchio spiantato che trovandosi in possesso fortunosamente di una pentola piena d’oro diviene un miserabile individuo avarissimo e costantemente ossessionato dal terrore di essere derubato di quella sua unica ricchezza.
Il riferimento al fumetto contemporaneo serve a sottolineare come questo giocoso teatro delle origini, ed in particolare la commedia latina di Plauto, fosse improntato al divertimento delle folle che attraverso la risata prendevano atto dei difetti e delle spregevolezze di cui gli esseri umani sono talvolta vulnerabili prede. E così attraverso il famoso ”ridendo castigant mores”( i costumi si castigano ridendo ) la commedia si faceva carico, rappresentando personaggi molto stereotipati, meglio sarebbe dire “maschere”, di indicare e stigmatizzare ad uso di un pubblico spesso incolto, i vizi e le bassezze a cui normalmente l’essere umano è esposto. In tal modo questo teatro assolveva alla sua funzione di educare la società.
Si è scelto in tal modo di far riferimento al cinema muto, come corrispettivo moderno di quell’estetica stereotipata dell’eccesso, per dirigere decisamente questo allestimento in una direzione mascherata, non solo perché alcuni personaggi sono realmente portatori di una maschera come nell’antico teatro, ma per rendere alla maniera delle maschere anche la qualità della recitazione, gli atteggiamenti fisici, le vocalità, la visceralità delle relazioni e delle reazioni emotive all’azione scenica. A completamento di questa direzione estetica radicale che ci è sembrata molto rispettosa dell’arcaico originale, vi è una scelta scenografica che rimanda al bianco e nero del film muto e sul piano della colonna sonora a quell’essenziale e ripetitivo accompagnamento affidato un piano verticale stonato che sottolineava in quei film, e di solito dal vivo, le fasi narrative salienti o più emozionanti.
Altre informazioni
Libero adattamento di Sergio Longo e Claudio Marconi
Musiche originali: Matteo Pennese
Scene e costumi: Paola Arcuria
Luci: Michele Iuculano
Produzione: Arcus – Uiversità degli Studi di Milano
Prenotazioni:
338 3924922
compagniateatrale@unimi.it
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