Sinossi
La storia della scultrice Camille Claudel (1864-1943) è tanto appassionante quanto drammatica, e ancora troppo poco conosciuta specialmente in Italia.Scultrice e artista di eccezionale talento, frequentò l’Accademia Colarossi a Parigi dove conobbe Auguste Rodin, di cui divenne allieva e modella e con il quale intrecciò una relazione tormentata, dall’epilogo doloroso per entrambi. Agli inizi del Novecento, nonostante fosse all’apice del successo, si isolò sempre di più fino a condurre una vita estremamente solitaria.
Nel marzo del 1913, pochi giorni dopo la morte del padre, venne internata presso la clinica psichiatrica di Ville-Évrard su richiesta della madre e del fratello Paul, con la diagnosi di paranoia delirante. L’anno successivo venne trasferita presso l’asilo pubblico per alienati mentali di Montdevergues presso Avignone, dove restò fino alla morte avvenuta a quasi settantanove anni, il 19 ottobre del 1943.
Morì sola, abbandonata da tutti, dopo trent’anni di internamento in manicomio.
Venne sepolta nel cimitero dell’ospedale in una fossa comune. Nemmeno il suo nome sulla lapide, ma l’anno del decesso e il suo numero di matricola: 392. Soltanto negli anni Ottanta del Novecento le sue opere hanno cominciato a essere studiate e valorizzate come meritano e la sua figura è stata oggetto di mostre, biografie, cataloghi ragionati. Nel 2017 ha aperto il primo museo a lei interamente dedicato (il Musée Camille Claudel, a Nogent-sur-Seine).
«Il mio artista preferito? Me stessa» – Camille Claudel, 16 maggio 1888
Quando, nel 2013, ho visto le sue sculture in una mostra realizzata nell’ospedale psichiatrico di Montfavet, vicino ad Avignone, dove fu internata trent’anni e dove terminò i suoi giorni nel 1943, ho capito davvero chi è stata Camille Claudel: un’artista di grandissimo talento, che ha vissuto esclusivamente per la sua arte. Mi sono accostata alle sue opere con ammirazione e passione, e alla sua vita (e alla sua morte) con un misto di rispetto e di rabbia per ciò che ha subito. Ho deciso così di raccontare la sua storia; grazie alla regia intelligente, acuta e sensibile di Alberto Giusta e all’interpretazione caleidoscopica di Lisa Galantini ho cercato di ridare voce a questa complessa, emozionante, straordinaria figura di donna.
Chiara Pasetti
Altre informazioni
Liberamente tratto dalla corrispondenza di Camille ClaudelCostumi di Morgan Maison Clauds Morene
Elementi scenici Renza Tarantino
Realizzato dall’Associazione culturale “Le Rêve et la vie” in collaborazione con la Fondazione Luzzati-Teatrodella Tosse di Genova
Presso Presso Cortile d'Onore di Palazzo Sormani
Corso di Porta Vittoria 6, Milano